L'abbraccio

L'abbraccio
graffite su carta da incisione

Tra My e Me:



La parola. Così inadeguata nel tentativo di rendere l’idea, l’emozione – pure chiare alla mente. Vana e vaga, la parola mostra i suoi limiti.

Ma non sono invalicabili: altre strade possono essere praticate.

Io ho scelto il disegno.

Un carboncino nero: il suo tratto netto e deciso, privo di sfumature per andare a risvegliare un ricordo, per dare forma alla sensazione, voce al sogno.

Spero di essere riuscita ad esprimere questo “sentire”.

giovedì 9 settembre 2010

Incontro primo



Per rimanere immobile
Toccava i suoi ricordi. Ritornava al chiostro delle caramelle.

Primo pomeriggio; il caldo, le cicale e il fumo bruciante della frutta caramellata. A lei piacevano le susine: l’aspro del cuore, del nocciolo, diventava rotondo con la dolcezza del caramello.
Infilava due dita nel sacchetto per prenderle e prima di portarle alla bocca, strofinava il dolce sulle labbra, simulando il gesto di una donna adulta che colora la sua bocca con del rossetto.
Non aveva mai pensato all’amore. Il suo cuore era legato alla pittura, alle poesie, alla vita bohèm: tra sale da tè, amiche e merletti. Sedeva spesso su un altalena di legno dietro casa di Sophie Bèrnard: un amica. Capelli castani, corti, naso importante: una femminista attiva.
Andava spesso a trovarla: posava nuda per lei. A parte qualche sguardo malizioso e curioso, tra le due non ci fu mai un coinvolgimento sessuale.
Succhiava le susine, guardando con occhi poco interessati l’uccellino della proprietaria del chiostro che andava da una parte all’altra della gabbia.
Del fumo di sigaro gli sfiorò il naso. Lo sguardo riprese coscienza. Si volse e una figura maschile, poco lontana da lei, assaporava l’attimo elegantemente, con classe e disinvoltura.
Una mano giocava con il pomello d’oro del suo bastone: lo faceva ruotare tra il pollice e l’indice. L’altra mano reggeva con sicurezza l’orologio da taschino. Il cappello gli copriva lo sguardo ma riusciva ad intravedere appena la forma delle sue labbra.
La pelle scura, bronzea, privo di peluria. Un corpo adulto.
L’uomo si sentì osservato. E come un richiamo, cercò quello sguardo che tanto lo lusingava. Sentiva che ad osservarlo era uno sguardo femminile.
I suoi occhi si posarono sulla punta di scarpe nere, verniciate, legate lateralmente con un nastro. Spuntavano poco più su delle calze che gli coprivano appena la caviglia. La pelle. Le gambe. Le ginocchia, rotonde e perfette. Un incarnato roseo, fresco. Indossava una gonna a pieghe. Masticava l’ultima susina quando il suo sguardo incontrò quello dell’uomo col cappello nobile.
Mai più, da quell’istante, potè godere della sua spensierata giovinezza. Mai più i suoi capelli furono intrecciati da nastrini e fiocchi. Le sue labbra non avrebbero più indossato il sapore della frutta tostata.
Si alzò la fanciulla.
Non ebbe mente di interrogarsi del “perché” il suo esile corpo andava in direzione dello sconosciuto.
 La guardò camminare verso di lui. Si emozionò e si sentì tremare nel petto man mano che i suoi passi diminuivano la distanza che li teneva lontani.
“Scusi...non fuma sigarette?” Chiese la fanciulla.
“No. Solo sigaro. Perché Lei fuma sigarette?”
“Qualche volta, quando vado al cinema con la mia amica Sophie”.
“Ha una pelle così..liscia e delicata. E’ un peccato che Lei fumi”. Rispose lui, accarezzando con gli occhi la forma delle sue gote.
“Posso?”. Chiese presuntuosa Lei.
La fanciulla prese, senza esitare, la mano dello sconosciuto e portò alla sua bocca il sigaro profumato.
Nel tirare, un brivido lungo lo stelo: s’indurì la cappella; si sentì succhiato da quel tiro prepotente e innocente.
Aprì appena appena la bocca e soffio del fumo.
Sorrise.
“Non è male. Ha un sapore forte.”
“Sì. E’ un MonteCristo di Cuba”. Si tolse il cappello e la guardò.
“Viene da lì?”
“Sì”
“Affari?”
“Sì. Come lo sa?”
“Dai suoi abiti. Qui nessuno si veste da ricco”.
“ E Lei?”
“Vivo a tre isolati da qui. In una pensione al quinto piano. Economica. Così posso continuare a studiare.”
“Cosa fa?”
“Scuola d’arte. L’anno prossimo farò domanda all’Università di Parigi. Pittura”.
“Quindi…Lei ha…”
“Diciassette. Diciassette anni”.
La sua voce, quella freschezza che metteva nelle sue parole, lo inebriava, lo turbava.
“Le va di vedere la mia stanza?” Chiese Lei appassionata.
“Ma…non mi conosce!”
“E dovrei preoccuparmi? Mi sembra una brava persona. Dovrei preoccuparmi?” Ripetè con tono insolente.
“No”. Sorrise.
I due si allontanarono dal chiostro della spensieratezza, avviandosi verso quello che sarà il luogo del “consumarsi”.

My


Nell'arco della vita, una donna ha una serie di amanti. Uomini che appagano lo spirito e il cuore. Non sempre con unioni fisiche. Spesso le parole nutrono l'idea dell'amore clandestino. Ma, al pensiero di un unione carnale, smonta la potenza dell'idea che ci si è fatta di un maschio/uomo.
Ci si incontraper un motivo che non sempre si realizza.
Se non si coglie quella intuizione, rimane solo un incontro "dovuto" nel rispetto delle cose: come l'unione di cubetti di ghiaccio con una fetta di arancia.
MY